sabato 13 giugno 2009

Time after time

Lavoro da me realizzato per il  progetto eTwinning
La seconda guerra mondiale ha rappresentato il più grave e terrificante conflitto della storia dell'umanità. Il totale di questa immane carneficina è spaventoso: oltre 55milioni di morti. Nei 12 anni di regime nazista furono, inoltre, sterminati nei campi di concentramento circa 6.000.000 di ebrei.
Gli internati furono, in totale, 7.500.000.
Ai morti vanno aggiunte le distruzioni materiali, le devastazioni di incalcolabili ricchezze, di un immenso patrimonio creato dal lavoro e dalla intelligenza dell'uomo.
Molti paesi furono ridotti nella più completa rovina, con le città trasformate in un cumulo di macerie, le strutture economiche e le comunicazioni sconvolte, le popolazioni superstiti affamate.

Sulle atrocità di questo periodo scrittori e poeti hanno speso fiumi di inchiostro

Salvatore Quasimodo


Quasimodo_pupo_siciliano
E qui / l’Olona scorre tranquillo, non albero / si muove dal suo pozzo di radici. / O non eri Euridice? Non eri Euridice! / Euridice è viva. Euridice
E il vento s’è levato leggero ogni mattina / e il tempo, colore di pioggia e di ferro / è passato sulle pietre, / sul nostro chiuso ronzio di maledetti. / ancora la verità è lontana. […] Dammi la risposta / Ora, ora prima che altro silenzio / entri negli occhi, prima che altro vento / salga e altra ruggine fiorisca».
Più i giorni della guerra s’allontanano dispersi / e più ritornano nel cuore dei poeti. Oh la folla dei vili / dei vinti dei perdonati dalla misericordia ! / Tutto si travolge ma i morti non si vendono. / Il mio paese è l’Italia, nemico più straniero, / e io canto il suo popolo e anche il pianto / coperto dal rumore del suo mare, / il limpido lutto delle madri, canto la sua vita».
MILANO, AGOSTO 1943


Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la citta' e' morta.
E' morta: s'e' udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l'usignolo
e' caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno piu' sete.
Non toccate i morti, cosi' rossi, cosi' gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la citta' e' morta, e' morta.
Il mio paese è l’Italia


Più i giorni s’ allontanano dispersi
e più ritornano nel cuore dei poeti.
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, là i reticolati
per la quarantena d’ Israele,
il sangue tra i rifiuti, l’ esantema torrido,
le catene di poveri già morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
là Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese è l'Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.
More day s' dispersed away
and return in the hearts of poets.
Across the fields of Poland, the flat of Kutno
with the hills of corpses burning
in clouds of steam, there are the cross
for quarantine of Israel,
the blood of waste, the torrid exanthema,
chains already dead poor has long
fulminates and were open on their hands,
Buchenwald there, the gentle forest of beech,
its furnaces cursed; Stalingrado there,
Minsk and the marshes and snow putrefactive.
Poets do not forget. Oh, the crowd of cowards,
the losers, of the mercy by forgiveness
AUSCHWITZ
Auswiz
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le doccie a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Over there, at Auschwitz, far from the Vistula,
love, along the northern plains,
in a field of death: cold, funerary,
rain on the rust pile
and tangles of iron fence:
and no tree or bird in the gray
or by our thought, but inertia
and pain that the memory leaves
his silence, without irony or anger
be opened by a written
White: "Work will make you free"
left continuous smoking
of thousands of women pushed out
at the animal shelter against the wall
of shooting or stifled scream
mercy to the mouth
the skeleton beneath the gas showers.
You will find you, soldier, in your
history in the form of rivers, the animals,
or are you pure ashes of Auschwitz,
Medal of silence?
La sesta composizione esprime il valore etico della aspirazione alla pace, a vivere in un mondo senza armi e senza guerre, anche se il poeta è consapevole dell'impossibilità di una tale eventualità.


ANNO DOMINI MCMXLVII.
Avete finito di battere i tamburi
A cadenza di morte su tutti gli orizzonti
Dietro le bare strette alle bandiere,
di rendere piaghe e lacrime a pietà
nelle città distrutte, rovina su rovina.
E più nessuno grida: «Mio Dio
Perché mi hai lasciato?». E non scorre più latte
Né sangue dal petto forato. E ora
Che avete nascosto i cannoni fra le magnolie,
lasciateci un giorno senz’armi sopra l’erba
al rumore dell’acqua in movimento,
delle foglie di canna fresche tra i capelli
mentre abbracciamo la donna che ci ama.
Che non suoni di colpo avanti notte
L’ora del coprifuoco. Un giorno, un solo
Giorno per noi, padroni della terra,
prima che rulli ancora l’aria e il ferro
e una scheggia ci bruci in piena fronte.

A Buchenwald nel corso della guerra mondiale, come in altri campi di sterminio, vennero uccisi molti bambini. Questa poesia li ricorda


JOYCE LUSSU

joyce
There is a pair of red shoes
Number twenty-four
Almost new:
on the insoles can be seen
even the brand name
Schulze Monaco
There is a pair of red shoes
On top of a pile
Shoes for children
At Buchenwald
Further on there's a bunch of blond curls
Locks of black and brown
At Buchenwald
Used to make blankets for soldiers
It is not nothing sprecave
And the kids them and stripped them radevano
Before pushing in the gas chambers
There is a pair of red shoes
Of red shoes for Sunday
At Buchenwald
Were a child of three years
Maybe three and a half years
Who knows what color his eyes were
Burned in ovens
But his tears
We can imagine
It is known as the children cry
Even his feet
we can imagine
shoe number twenty-four
for eternity ...
C’è un paio di scarpette rosse
Numero ventiquattro
Quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
Cè un paio di scarpette rosse
In cima a un mucchio
Di scarpette infantili
A Buchenwald
Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
Di ciocche nere e castane
A Buchenwald
Servivano a far coperte per i soldati
Non si sprecave nulla
E i bimbi li spogliavano e li radevano
Prima di spingerli nelle camere a gas
C’è un paio di scarpette rosse
Di scarpette rosse per la domenica
A Buchenwald
Erano di un bimbo di tre anni
Forse di tre anni e mezzo
Chi sa di che colore erano gli occhi
Bruciati nei forni
Ma il suo pianto
Lo possiamo immaginare
Si sa come piangono i bambini
Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità…
Joyce Lussu
buchenwald3


Cesare Pavese


pavese
Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l'arma e il nome. Una donna
ci guardava fuggire.
Uno solo di noi
si fermò a pugno chiuso,
vide il cielo vuoto,
chinò il capo e morì
sotto il muro, tacendo.
Ora è un cencio di sangue
e il suo nome. Una donna
ci aspetta alle colline.
You do not know the hills
where he shed blood
. All those who fled
all cast
the weapon and the name. A woman
we looked away.
Only one of us
stopped a closed fist,
saw the empty sky,
bent his head and died
under the wall, silent.
Is now a rag with blood
and his name. A woman
us to the hills.
quasimodo
E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
And how could we sing
With the alien foot above the heart,
among the dead left in the squares
out on the hard ice, the lament
lamb of Children, cry black
mother who was meeting with his son
crucified on the telegraph pole?
To foliage of trees, to vote,
also our cetro were hung,
fluctuating mild to sad wind

Nessun commento:

Posta un commento